martedì 3 febbraio 2015

La balena bianca.


E’ in assoluto il cetaceo più grande e imponente della natura tartassata di questo pianeta. 
Qualcuno lo dava per estinto. Ma non è così. Il gigantesco e imponente capodoglio descritto anche da Melville esiste. Non si fa vedere. Naviga sotto la superficie.
Viaggia lento, non più di 4 o 5 chilometri all’ora. Ma è inarrestabile, imponente, inattaccabile.
E spazza via tonnellate di plancton e di piccoli molluschi e pesci in maniera ineludibile, come la lingua di un ghiacciaio macina, senza distinzione, le rocce sotto di se.

Siamo nell’era di Mister Renzi. Che, se fino a ieri molti consideravano poco più di uno showman prestato alla politica, oggi mostra la scuola da cui è nato e da un segnale chiaro di ciò che è capace. Spavaldo.

Prima, nella regia, supposta e non provata, dei 101. Capaci di trafiggere Prodi, che ormai sembra uno scolapasta da quante ne ha prese. E se regia c’è stata, è stata in immersione. Condito dalla solita farsa del voto segreto, bypassata da trucchetti da quinta elementare e da repubblica delle banane. Comunque l’obiettivo di dare il colpo di grazia a Bersani, che già da solo molto aveva fatto, è alfine raggiunto.

Poi, sempre in immersione prepara il terreno, forte dell’appoggio di chi ha appoggiato, sapendo che il momento in cui fare il salto arriverà. E arriva.
Prima vaporizza Letta, sparito. Poi schianta Cuperlo (… Cuperlo, chi?) dando uno schiaffo al suo maestro.  E per volere degli “Dei”, non certo del popolo pecora, si insedia per “salvare la patria”.

Capisce che il Suo vero “nemico”, che vero nemico non è, è chi, battuto solo dalla magistratura, in quest’italiotta paciarotta e populista, per vent’anni ha dominato la bocca e i pensieri di tanti. 
Non dico tutti, solo per farmi un regalo, fiducioso, di un’Italia che raramente si mostra e che non ha coraggio, schiacciata dai più, ma che forse c’è.

L’amico nemico Silvio, al Nazzareno, impallinato dalle procure (lui, davvero comunque, ce l’ha messa tutta) e ancora sotto tiro, è quello da tenere sotto controllo. E come meglio si può tenere sotto controllo un “avversario”. Ovvio. Avvicinandosi e vedendolo. Accordandosi. (L'Arte della Guerra, Sun Tzu)

In questa posizione si circonda di un gruppo di fedelissimi. E un manipolo di ininfluenti. E li comincia a prendere posizione. A scavarsi quel ruolo che lo vedrà per un po’, credo inopinatamente, sugli scudi.

Lui sa quale sia il potere che in Italia regna, sovrano, dal dopoguerra ad oggi. Imperturbabile, magari sotto il livello dell’acqua, ma sempre in lento movimento. Trasversale. 
L’"italiano medio", al dilà della recente gretta, anche se a volte verosimile, lettura di Marcello Macchia in arte Capatonda, ama stare nel mezzo. E un “moderato”, cattolico, poco propenso alla condivisione e alle piazzate, portato alla delega delle responsabilità e attratto dal potere. 
E dalla gnocca, direbbe EsseB, ma fuori dalla famiglia.
Quella che una volta si faceva forza dello scudo crociato, quella del “potere che logora chi non ce l’ha”: la balena bianca. 
Tutti la danno per spacciata, dopo le “guerre” di manipulite, che poi si sono solo sciacquate. Anche Di Pietro lo aveva capito. Un potere che non si batte. Un potere da combattere dentro. Salvo poi farsi attecchire e farsi corrompere, e finire macinato dagli ingranaggi dello stesso potere che aveva cercato di combattere o come gli ultimi 10 esuli M5S, che hanno fatto loro la lezione.

Ma torniamo al nostro Achab, molto più comunicativo e alla moda. Ma non meno imperativo negli ordini.
Sa. Figlio di un Democristiano, ex scout, eroe della Ruota della Fortuna, partecipa e per cinque volte vince, è stato uno dei tre chierichetti di De Mita. Sa cos’è la Balena Bianca.

E sa che in Italia per “restare” in un certo sistema, devi stare dentro a certi poteri. Entrare in certe stanze.
L’elezione del presidente Mattarella, che di certo non è nuovo e innovativo, è un colpo che leggo politicamente magistrale.  Perché un Mattarella, membro del Consiglio Superiore della Magistratura, che dal 2008, anno della una sua ultima comunicazione pubblica, non ha esternato, non ha picconato, non ha detto nulla?

In un colpo solo, si accredita nelle stanze giuste; dice al suo compagno di merende al Nazzareno, collaboriamo, ma fai quello che dico io; mette a tacere e in riga le frange ribelli, si fa per dire, del PD e rimette al suo posto il suo vero detrattore, che navigando sottocoperta, era davvero il più pericoloso.
E tutto in un sol colpo. Senza ma e senza se. Detta il nome. E grandi elettori, Partito e agenzie, scrivono. Punto. Senza curarsi del latrare arrabbiato di qualche populista che non vede più in la del suo naso o del suo “tombino di ghisa”, insieme, magari a nuovi “piccoli re” che male non gli fanno.

Forte di un appoggio da questo "potere trasversale" che fino a ieri ha voluto il Cavaliere in pole e al quale, immediatamente, regala un paio di “presenti” per riportarlo in quella che sarà la sua posizione, immagino di senatore a vita. 
D’altra parte sia nonno Silvio che zio Matteo, fanno parte dello stesso club, esclusivo, che non si fa votare alle elezioni, pur partecipando attivamente.

C’è un ma? Forse. Anche Renzi sa che ci sono anche altri poteri. E la danza del nostro primo ballerino è sul piano inclinato delle multinazionali e dei grandi gruppi bancari mondiali. E deve stare attento a non scivolare, dove è facile farlo.
Il guaio, temo, è che per noi, che fra servi della gleba, volgo petulante e schiavi asserviti guadagneremo poco o niente dal suo regno. Salvo franare con lui, se e quando cadrà.
Ma ce lo meritiamo. Li non l’abbiamo messo. Ma da li, non lo abbiamo tolto. 

martedì 13 gennaio 2015

K'an, l'abisso.





Eventi di questi ultimi mesi mi hanno scosso dentro.
Sono riusciti a portare onde nell’abisso, K’an, in un mare profondo. Il più profondo in me. 

Ho un po’ perso il passo. Inciampato, caduto malamente, mi sono rialzato.
Ora provo dolori in punti che non immaginavo, in profondità di me che credevo protette.

Ogni tanto nel silenzio della mio divano nella mia mente nascono alcune domande.
Si può aver paura di provare emozioni? Non per le emozioni in se, intendo. Ma per quello che ti fanno. In un certo senso ti tolgono la prima pelle. Quella corazza che ti difende da chi, insensibile o forse solo troppo incasinato sulle sue storie, non si accorge della tua fragilità. E “muovendosi” in maniera maldestra e poco accorta di fa male.
Probabilmente si. La paura è una sentimento, uno dei più forti. Uno di quelli che ti lascia nudo di fronte a te stesso, senza alibi. Ed in questo è utile, se non è dominante. Perché da li chi la considera come una utile compagna, riparte. Dalla parte più vera e genuina di se.
Ed il bello è che non impari mai. Che la ricerca è un viaggio. E’ la vita. Dove il tuo continuo mutare può farti andare su e giù come uno jo-jo. Ma ogni volta che vai giù e torni su, sei diverso, e a volte, migliore.

Si può vivere senza provare emozioni? No, se parliamo di vita vera. Rifiutandole non si vive. Si vegeta. E quindi ogni tanto si soffre? Si. A volte fa male. A volte un po’ di più. Ma sempre si rimpiange quella sensazione che si ha, quando il tuo io percepisce che il male sta finendo. E che torni a non soffrire.
Paradossalmente si può anche vivere come macchine, mettendo le emozioni in un cassetto. Alle volte è necessario. O almeno così si crede. Fino a che le emozioni non escono, come un gatto da un sacco, a volte nemmeno così dolcemente.

Poi capita una bella serata, amici che non vedevi da un po’ e alcune di quelle cose che avevi dimenticato tornano a galla come bolle di gas. Magari aiutate da qualche birra.

Sono ancora vivo e sono ancora qui.
Un po’ malandato e zoppicante.
Ma è ora di rimettersi in sesto. 
I'm back. 

giovedì 1 maggio 2014

Andiam andiam... andiamo a votar...


Europee, comuni e un paio di Regioni. Votiamo?

Dopo una colpevole assenza (tre governi decisi da chi?) che ha seguito una incostituzionale presenza (prodotta da una legge elettorale palesemente marcia e utilitarista), sentivamo la mancanza di quel consueto appuntamento con la solitudine dell’urna.
Il 25 maggio ci saranno le elezioni. Ma chi votare? Ci riavviciniamo al “rito” del voto per esprimere una preferenza, con più dubbi di ieri, provando a pensare a chi elargire brandelli di fiducia.
Oggi, siamo governati da un giovane showman, a tratti sfrontato e scanzonato, ma mai impacciato, e privo del dono del dubbio, mentre percorriamo il tentativo di archiviare il “vecchio” showman, che per vent’anni ci ha deliziato con le sue opere. L’ex (parlamentare, cavaliere e non so che altro) ancora non vuole rinunciare, armato di fondotinta e parrucca acconci, al suo posto nel palcoscenico dello spettacolo di periferia che mettiamo in vetrina ogni santo giorno: nella sua ri-ri-ri-ri-discesa in campo, spara le sue “butades” contro il nemico tedesco (Per i tedeschi i lager non sono esistiti) e (è questo il vero dramma) riacquista 4 punti sui sondaggi (tremo… altro segnale che, in fondo, non abbiamo ancora capito un cazzo.)

I dubbi su chi corre, sono tanti e di diversa fattezza.  
…dubbi sul “reggente” in carica (imposto) che si contraddice nei fatti (pochetti ancora, ma diamogli tempo…) che mette “in scena” in ogni dove.
Messo li non si sa bene da chi, è stato molto più “pulito” di Bruto: dopo aver infilzato Cesare, un po di sangue per terra c’era. Di Letta nemmeno una macchia di sudore, un’inquadratura, un paio di occhiali abbandonati li, sullo scranno da cui è stato espulso alla velocità di una saponetta che ti schizza dalle mani.
E tutti (anche chi, secondo me gli fa più danno che altro) a inneggiare all’uomo “forte”, al salvatore, a quello che “adesso fa lui”…. Ehm… quello di prima non è bastato? Ancora non abbiamo capito che non è il modello che ci serve? No? Avanti, allora. E vai di decreti. Ma anche li… domande e incongruenze (sempre che siano tali e non siano un’offerta al Dio dell’”audience”):  parla di 80 euro (che non sono sta gran somma…) al mese e poi firma un decreto di 640 euro all’anno (ehm… 640/12=53,33333….). Non che cambi un gran che nella sostanza, ma… perché parlare di 80 se non sono 80? Fa più “audience”? Becca più “share”? Forse si intuisce, quindi, perche ci resti un po’ male (… mi immagino le prossime battute di Crozza)  per il fatto che non gli fanno fare la sua ginnastica giornaliera (calendario pianificato) nella solitudine introspettiva dello stadio Artemio Franchi il 19 maggio, solo perché ci sarà qualche tv, qualche migliaio di persone e qualche giornalista. Triste, lo capisco.
Come non potersi esibire ad Amici. Anche quella… una mazzata terribile per un PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI. …

Dubbi sulla effettiva comprensione della strategia del M5S che Grillo debilita e (secondo me) offusca nella testa della gente che riempie (davvero) le sue piazze. Ha lanciato questa “cosa”. Ora se non la vuole uccidere, dovrebbe farla vivere di vita propria. Lo dice sempre (non è il leader ma il portavoce (… quindi?), non è “sua”. Ma coerente alla tradizione familiare italiana, è possessivo, apprensivo e tutelante verso il “suo” movimento-figlio (potenziale nuovo bamboccione) invece di lanciarlo e vedere se cammina con le sue gambe. Oppure, scenda in campo anche lui (non ho capito perché sto cazzo di campo l’anno messo li sotto…) e si faccia eleggere. Così attira il fuoco nemico, ma confonde e svia. E alla lunga mina le fondamenta di un movimento che davvero potrebbe contribuire almeno a cambiare lo stile del “fare politica” in Italia (penso a Fiore e alla sua campagna a Padova).


Dubbi sui candidati del PD, che facendo il normale, vincerebbero a mani basse ovunque, tanto risibile (M5S a parte) è la proposta dalle altre sponde. Ma che si ostinano a regalare perle di inadeguatezza e ignoranza, slogan inutili e soluzioni futili, senza affrontare a muso duro problemi, magari pestando qualche callo di piedi importanti del loro colore. Non vedo li nessuna “spinta” nuova. Tanti “vorrei ma non faccio”, e tanta tanta tanta “ancienne politique” nel senso più oscurantista e negativo del termine.

Temo le schegge impazzite della vecchia Balena Bianca che fino a ieri si sono mimetizzate nell’azzurro di Forza Italia (…oggi Forza… Silvio??? Tristezza) che aspettano, da posti di controllo e di potere, di tornare a rimettere le manine nella stanza dei bottoni, non appena quel che resta del castello di carte dell’Ex Pregiudicato (oggi è condannato, di una condanna risibile e promozionale per tutti gli evasori fiscali che, a parole o vessando con Equitalia, si dice di voler estirpare) crollerà di schianto lasciando macerie e vittime.

Ma torniamo a questo turno elettorale, facendo finta di niente sulla sentenza della corte di cassazione che dichiara (in via definitiva) il “porcellum” incostituzionale e quindi da eliminare o correggere. Sentenza che in un paese normale (etico, onesto, retto e morale) avrebbe ovvie conseguenze. Perché sbagliare si può. Ma ignorare i propri errori, no.

Vi dirò che mandare in Europa persone (nomi a caso…) come Zanonato o la Picierno, (che non sanno nemmeno se il parlamento Europeo sia a Strasburgo o a Bruxelles o perché la bandiera europea abbia 12 stelle) mi fa venire i brividi. E mi spaventa. Vorrei che la nostra credibilità, inferiore a quella di Arlecchino, e il nostro “peso” politico, irrilevante, almeno non diminuissero  con i nuovi “eletti”.

Non vorrei più vedere scene di  mancanza di stima come quella ottenuta dalla signora Iva Zanicchi (che apprezzavo molto di più a “il prezzo è giusto”) durante un suo breve e smobilitato (o smobilitante???) intervento in quel parlamento che (spero) lascerà. A prescindere da chi ci andrà, li rappresentano anime diverse di un unico paese. Un sistema fatto poi di altre relazioni che pagheranno il conto di una credibilità farlocca e di un comportamento mollo. Avrei applaudito (solo per il gesto) chiunque avesse battuto i pugni sulla scrivania, chiedendo quella democrazia e quell’ascolto di cui tutti si vantano e che tutti dovrebbero avere, in quella sede. Nuovi “privilegi” forse comprati da istituzioni più ricche di altre.

Credo che se non si attua un profondo, capillare, esteso e accessibile intervento a favore della crescita della cultura e della consapevolezza (scevra da continui giochi elettorali, di scambio, di favori …. ) per crescere (tutti) nel dialogo, nella partecipazione, nel confronto e quindi nel recupero dei valori che tanto ignoriamo) non produrremo una classe politica migliore. Sia in Italia che in Europa. La causa di questo siamo tutti noi, ben pasciuti ed abituati a demandare senza partecipare, chiedere… passatemi un francesismo, abituati a “non rompere i coglioni” (o a farlo quel tanto che basta) per poter ottenere favori e grazie dal potente di turno.
 Godiamo da anni a demandare altri per la soluzione (ma anche per l’analisi e la definizione) dei nostri problemi. Da anni, consideriamo il settore pubblico come il paese di Bengodi: tutti lo criticano ma tutti ci vorrebbero entrare e “provare” un po’ di privilegi.

Ci sono tanti (troppi?) pronti a fare polemica sulle disfunzioni ma incapaci attuare e a mettere la faccia in una vera rischiosa difficile e complessa azione di cambiamento. Azione che significa partecipare, dire, chiedere e far si che un amministratore pubblico AMMINISTRI e non decida per noi.
Insomma… quando avete la muffa su una parete interna della vostra casa, pensate davvero che spazzolarla una volta a settimana, servirà a farla andare via? O servirà a qualcosa cambiare lo “spazzolatore”?

Ecco cosa cambierà se non cambiamo il sistema politico e non cresciamo come paese e come cultura: una beata minchia. 

venerdì 3 gennaio 2014

2014.... come dice Balasso?

"Auguri per un anno "normale"" Già. Perchè come dice Balasso (che mi pare più lucido della nostra classe politica, col "ciofane"PD compreso) "normale.... che già un anno normale, vuol dire che è andata di culo!"

Non ho un gran che voglia di scrivere. Ma la lettera della Gabanelli (per me un modello di coraggio e scelta etica)... quella si. Questa la riporto, per chi non l'ha letta. E per chi crede ancora ai lustrini e alle chincaglierie da due soldi che i nostri governanti ci propinano, mentendo, come fossimo dei beoti. 

Ah. Dimenticavo: Auguri.


"A fine anno, nella vita come in tv, si replica. Il Capo dello Stato fa il suo discorso, quello del Governo ricicla le dichiarazioni di 6 mesi fa in occasione del decreto del fare, con l’enfasi di un brindisi: “faremo”. Vorremmo un governo che a fine anno dica “abbiamo fatto” senza dover essere smentito.
Il Ministro Lupi fa l’elenco della spesa: 10 miliardi per i cantieri, “saranno realizzate cose come piazze, tutto ciò di cui c’è un bisogno primario”. C’è un bisogno primario di piazze e di rotatorie? “Trecentoventi milioni per la Salerno-Reggio Calabria”.
Ancora fondi per la Salerno Reggio-Calabria? Fondi per l’allacciamento wi-fi. Ma non erano già nel piano dell’Agenda Digitale? E poi la notizia numero uno: ” le tasse sono diminuite”. Vorrei sapere dal premier Letta per chi sono diminuite, perché le mie sono aumentate, e anche quelle di tutte le persone che conosco o che a me si rivolgono. È aumentata la bolletta elettrica, l’Iva, l’Irpef, la Tares. L’acconto da versare a fine anno è arrivato al 102% delle imposte pagate nel 2012, quando nel 2013 tutti hanno guadagnato meno rispetto all’anno prima.
Certo l’anno prossimo si andrà a credito, ma intanto magari chiudi o licenzi. E tu Stato, quando questi soldi li dovrai restituire dove li trovi? Farai una manovra che andrà a penalizzare qualcuno. I debiti della pubblica amministrazione con le imprese ammontano a 91 miliardi. A giugno il Governo dichiara: “stanziati 16 miliardi”.
È un falso, perché quei 16 miliardi sono un prestito fatto da Cassa Depositi e Prestiti agli enti locali. E per rimborsare questo mutuo, i comuni, le province e regioni hanno aumentato le imposte. L’Assessore al Bilancio della Regione Piemonte in un’intervista a Report ha detto “Per non caricare il pagamento dei debiti sui cittadini, si doveva tagliare sul corpo centrale delle spese del Governo, e se non si raggiungeva la cifra… non so.. vendo la Rai!”.
Privatizzare la Rai è un tema ricorrente. Nessun paese europeo pensa di vendersi il servizio pubblico perché è un cardine della democrazia non sacrificabile. In nessun paese europeo però ci sono 25 sedi locali: Potenza, Perugia, Catanzaro, Ancona. In Sicilia ce ne sono addirittura due, a Palermo e a Catania, ma anche in Veneto c’è una sede a Venezia e una a Verona, in Trentino Alto Adige una a Trento e una a Bolzano. La Rai di Genova sta dentro ad un grattacielo di 12 piani…ma ne occupano a malapena 3. A Cagliari invece l’edificio è fatiscente con problemi di incolumità per i dipendenti. Poi ci sono i Centri di Produzione che non producono nulla, come quelli di Palermo e Firenze.
A cosa servono 25 sedi? A produrre tre tg regionali al giorno, con prevalenza di servizi sulle sagre, assessori che inaugurano mostre, qualche fatto di cronaca. L’edizione di mezzanotte, che è una ribattuta, costa 4 milioni l’anno solo di personale. Perché non cominciare a razionalizzare? Se informazione locale deve essere, facciamola sul serio, con piccoli nuclei, utilizzando agili collaboratori sul posto in caso di eventi o calamità, e in sinergia con Rai news 24. Non si farà fatica, con tutte le scuole di giornalismo che sfornano ogni anno qualche centinaio di giornalisti! Vogliamo cominciare da lì nel 2014? O ci dobbiamo attendere presidenti di Regione che si imbavagliano davanti a Viale Mazzini per chiedere la testa del direttore di turno che ha avuto la malaugurata idea di fare il suo mestiere?
È probabile, visto che la maggior parte di quelle 25 sedi serve a garantire un microfono aperto ai politici locali. Le Regioni moltiplicano per 21 le attività che possono essere fatte da un unico organismo.
Prendiamo un esempio cruciale: il turismo. Ogni regione ha il suo ente, la sua sede, il suo organico, il suo budget, le sue consulenze, e ognuno si fa la sua campagna pubblicitaria. La Basilicata si fa il suo stand per sponsorizzare Metaponto a Shangai. Ognuno pensa a sé, alla sua clientela (non turistica, sia chiaro) da foraggiare. E alla fine l’Italia, all’estero, come offerta turistica, non esiste. Dal mio modesto osservatorio che da 16 anni verifica e approfondisce le ricadute di leggi approvate e decreti mai emanati che mettono in difficoltà cittadini e imprese, mi permetto di fare un elenco di fatti che mi auguro, a fine 2014, vengano definitivamente risolti.
Punto 1. Ridefinizione del concetto di flessibilità. Chi legifera dentro al palazzo forse non conosce il muro contro cui va a sbattere chi vorrebbe dare lavoro, e chi lo cerca. Un datore di lavoro (che sia impresa o libero professionista) se utilizza un collaboratore per più di 1 mese l’anno, lo deve assumere. Essendo troppo oneroso preferisce cambiare spesso collaboratore.
Il precario, a sua volta, se offre una prestazione che supera i 5000 euro per lo stesso datore di lavoro, non può fare la prestazione occasionale, ma deve aprire la partita Iva, che pur essendo nel regime dei minimi lo costringe comunque al versamento degli acconti; inoltre deve rivolgersi ad un commercialista per la dichiarazione dei redditi, perché la norma è di tre righe, ma per dirti come interpretare quelle tre righe, ci sono delle circolari ministeriali di 30 pagine, che cambiano continuamente.
Il principio di spingere le persone a mettersi in proprio è buono, ma poi le regole vengono rimpinzate di lacci e alla fine la partita Iva diventa poco utilizzabile. Perché non alzare il tetto della “prestazione occasionale” fino a quando il precario non ha definito il proprio percorso professionale? Il mondo del lavoro non è fatto solo da imprese che sfruttano, ma da migliaia di micropossibilità che vengono annientate da una visione che conosce solo la logica del posto fisso. Si dirà: “ma se non metti dei paletti ci troveremo un mondo di precari a cui nessuno versa i contributi”.
Allora cominci lo Stato ad interrompere il blocco delle assunzioni e smetta di esternalizzare! Oggi alle scuole servono 11.000 bidelli che costerebbero 300 milioni l’anno. Lo Stato invece preferisce dare questi 300 milioni ad alcune imprese, che ricavano i loro margini abbassando gli stipendi (600 euro al mese) e di conseguenza i contributi. Che pensione avranno questi bidelli? In compenso lo Stato non ha risparmiato nulla…però obbliga un libero professionista o una piccola impresa ad assumere un collaboratore che gli serve solo qualche mese l’anno. Il risultato è un incremento della piaga che si voleva combattere: il lavoro nero.
Punto 2. Giustizia. Mentre aspettiamo di vedere l’annunciata legge che archivia i reati minori (chi falsifica il biglietto dell’autobus si prenderà una multa senza fare 3 gradi di giudizio), occorrerebbe cancellare i processi agli irreperibili. Oggi chi è beccato a vendere borse false per strada viene denunciato; però l’immigrato spesso non ha fissa dimora, e diventa impossibile notificare gli atti, ma il processo va avanti lo stesso, con l’avvocato d’ufficio, pagato dallo Stato, il quale ha tutto l’interesse a ricorrere in caso di condanna. Una macchina costosissima che riguarda circa il 30% delle sentenze dei tribunali monocratici, per condannare un soggetto che “non c’è”. Se poi un giorno lo trovi, poiché la legge europea prevede il suo diritto a difendersi, si ricomincia da capo.
Perché non fare come fan tutti, ovvero sospendere il processo fino a quando non trovi l’irreperibile? Siamo anche l’unico paese al mondo ad aver introdotto il reato di clandestinità: una volta accertato che tizio è clandestino, anziché imbarcarlo subito su una nave verso il suo paese, prima gli facciamo il processo e poi lo espelliamo. Una presa in giro utile a far credere alla popolazione, che paga il conto, che “noi ce l’abbiamo duro”.
Punto 3. L’autorità che vigila sui mercati e sul risparmio. Dal 15 dicembre, scaduto il mandato del commissario Pezzinga, la Consob è composta da soli due componenti. La nomina del terzo commissario compete al Presidente del Consiglio sentito il Ministro dell’Economia ed avviene con decreto del Presidente della Repubblica. Nella migliore delle ipotesi ci vorranno un paio di mesi di burocrazia una volta che si sono messi d’accordo sul nome.
Ad oggi l’iter non è ancora stato avviato e l’Autorità non assolve il suo ruolo indipendente proprio quando si deve occupare di dossier strategici per il futuro economico-finanziario del Paese come MPS, Unipol-Fonsai e Telecom. Di fatto Vegas può decidere come vigilare sui mercati finanziari e sul risparmio, direttamente da casa, magari dopo essersi consultato con Tremonti (che lo aveva a suo tempo indicato), visto che il voto del Presidente vale doppio in caso di parità, e i Commissari hanno facoltà di astensione. Perché il Governo non si è posto il problema qualche mese fa, e perché non si è ancora fatto carico di una nomina autorevole, indipendente e in grado di riportare al rispetto delle regole?
Punto 4. Ilva. È alla firma del Capo dello Stato il decreto “terra dei fuochi”, dentro ci hanno messo un articolo che autorizza l’ottantenne Commissario Bondi a farsi dare i circa 2 miliardi dei Riva sequestrati dalla procura di Milano. Ottimo! Peccato che non sia specificato che quei soldi devono essere investiti nella bonifica. Inoltre Bondi è inadempiente, ma il decreto gli da una proroga di altri 3 anni, e se poi non sarà riuscito a risanare, non è prevista nessuna sanzione. Nel frattempo che ne è del diritto non prorogabile della popolazione a non respirare diossina? Ovunque, di fronte ad un disastro ambientale, si sequestra, si bonifica e i responsabili pagano. Per il nostro governo si può morire ancora un po’.
Come contribuente e come cittadina non mi interessa un governo di giovani quarantenni. Pretendo di essere governata da persone competenti e responsabili, che blaterino meno e ci tirino fuori dai guai.
Pretendo che l’età della pensione valga per tutti, che il rinnovo degli incarichi operativi non sia più uno orrendo scambio di poltrone fra la solita compagnia di giro.
Pretendo di essere governata da una classe politica che non insegna ai nostri figli che impegnarsi a dare il meglio è inutile."

giovedì 7 novembre 2013

Parlano di altro.


Assisto, abbastanza impotente e sempre più disinteressato agli atti del presente governo.
Il tema centrale del PDL è il futuro di Berlusconi, si alla stirpe dinastica, ma intanto il basso profilo è opportuno. La “farsetta” del ritorno a”nuovo” Forza Italia, lega mani e piedi (come fatto ad ottobre), il vicepremier Alfano e il gruppo di spennacchiate pseudo colombe che schivano gli spruzzi di acido, inviati con chirurgica precisione, da un altrettanto spennacchiato e mal assortito gruppi pseudo falchi (non vorrei insultare la razza dei falchi ne quella delle colombe accostandoli a simili esemplari di mammiferi). Mi pare che oltre il “padrone” il resto sia una banda di caporali (riferito al mitico film di Totò, “Siamo uomini o caporali?”).
Decidiamo ora. No domani. No, dopodomani. Decadenza si, decadenza no. Inutile ripetere che un pizzico di etica e un comportamento da uomo di altri tempi (ahimè e ahinoi…) avrebbe portato a rassegnare immediatamente dimissioni, in silenzio. Senza teatrini, filmatini o altre sciocchezze da quaraqquaquà. Ma poi ognuno fa quello che vuole e troverà sempre qualche fesso che gli darà ragione.
Comunque, spero che Alfano non ceda. E se non lo farà, rivedremo il film di Ottobre, quando Berlusconi, lanciato per far cadere il Governo, farà mestamente marcia indietro, giusto per avere una vana ipotesi di rompere ancora i maroni in sede “governativa”.
Il tema centrale del PD, invece, è una allegra lotta intestina (mai sanata, dopo la ridicola trombata di Prodi a Presidente della repubblica). Si alternano facce e critiche. Ma l’obiettivo per chi è al governo è rimanerci (almeno fino a che non maturino pensioni e benefit, vari). E chi non è al governo è andarci (giusto per azzannare un po’ di torta). La sfida, ovviamente, si gioca dentro il PD: qualche faccia (nuova, vecchia, pseudo vecchia o sconosciuta ai più) si arrabattano in un teatrino di tessere (vere, false, gonfiate), siluri, dichiarazioni e controdichiarazioni. E sulle regole. Ovviamente del congresso e delle primarie del PD, chiaro. Non sia mai che si parli di altre regole.
Lista civica, nella sua insignificanza politica, fa da comparsa a questo spettacolo e litiga con chi aveva preso come “capitano” delle armate, un Monti che dopo averci spremuto bene (magari non poteva fare altro dopo il casino lasciato da 20 anni di esortazioni a “muovere” l’economia banalizzando la popolazione a uno stupido “Shopping People” da spremere in tutte le direzioni) aveva riacquistato 2 grammi di (vana) credibilità europea. 
Ora se ne va, sbattendo la porta. Impantanato in quel limbo che la Vecchia Balena Bianca era maestra nell'ordire e attuare. 
In tutto questo il Governo delle larghe (….????) intese (direi, meglio, “private”), che fa?
Rimanda. Tutto ciò che può rimandare: tasse, imu, provincie, iva, compensi, pensioni, giustizia (...?!?!?! C’è ancora???), infrastrutture, territorio, ambiente, sociale, cultura e altre cosuccie da poco. Non rimanda alcune nuove allegre tasse, condite con la panzana che si pagherà di meno. Se qualcuno ci crede, vive ancora nel mondo degli storditi o dei seguaci del cavaliere. O di quelli a cui questo status quo fa comodo perché si rimpinguano le tasche sulle disgrazie di chi non ce la fa e dei più “piccoli”.

Non sento (al governo di intende)… parlare di cose che abbiano senso. Mai. Nemmeno una volta. Da anni. Siamo messi male. E stiamo andando verso una catastrofe economico sociale che il paese non ha mai vissuto (nemmeno dopo la guerra), almeno in quel periodo eravamo con le pezze al culo ma la voglia, l’inventiva, l’energia e le possibilità erano inimmaginabili, rispetto ad oggi.
Non c’è una proposta innovativa, coraggiosa. Rivoluzionaria. Sento parlare di uscire dall’Euro e rido. Noi Italiani, maestri dell’alibi, diamo sempre la colpa a qualche “mostro” che non sia “noi”. Oggi è l’Euro.
Ma se uscissimo, con il debito che abbiamo saremmo in default immediato. E i 400 miliardi di Euro che ogni anno “vendiamo” all’estero di titoli governativi chi cazzo se li comprerebbe? Li farebbero pagare a tutti noi, probabilmente e soprattutto a quei fessi che non fanno questi conti.
Diamo la giusta prospettiva. Nessuno ci ha chiesto di entrare nell’euro, si, è vero.
Ma è anche che sono le scelte politiche di questi ultimi (non proprio solo gli ultimi...) anni che ci hanno messo dove siamo.
E’ anche vero che delle risorse che potremmo prendere (abbiamo appena perso altri 15 miliardi di finanziamenti) in questo ultimo trascorso periodo (2007 – 2014) ne abbiamo portati a casa (in media generosa) meno del 40 % delle nostre disponibilità. (detto da Tajani, vice presidente del parlamento europeo, a Roma tre settimane fa).
E’ la capacità dei nostri politici, di fare azioni, di governare, di essere lungimiranti che è nulla. Lo è in ambito Italiano e, a maggior ragione, lo è in ambito Europeo. E nel mondo. Non sappiamo vendere e valorizzare le nostre peculiarità e le nostre capacità. E mentre non lo facciamo, mentre il governo stringe la “garrota” alla cultura, all’innovazione vera, allo spirito imprenditoriale, al sociale, all’inventiva, alla capacità, alla fantasia e al merito che il mondo ci invidia, quel mondo…. Smette di invidiarlo e se lo compra.
Sta morendo la parte “viva” del paese. Quella che reggeva la baracca. 

E intanto?? Intanto parliamo di altro. 
Ore di televisione, articoli, comunicati sullo stato di salute di Dudù. Cazzo. Se si ammala, cade il governo. 

Parliamo di altro. Come se ci curassimo della nostra pettinatura sul 100 piano di una delle due torri Gemelle, prima del crollo…. Nota. Per chi non se ne fosse avveduto, da quando al governo c’è “postpone” Letta, ci ha superato anche la Spagna.

Intanto… perplessi i “media” del mondo ci guardano attoniti e dicono… “ma… di che cazzo stanno parlando ??”.

martedì 1 ottobre 2013

Libertè, Egalitè... Impunitè e incapacitè!!!!


Sono un po’ di giorni che assisto, basito e stordito, alle scenette del nostro governo.
Cerco di informarmi, guardando trasmissioni che (più o meno) sono di critica e di analisi.
Piazza pulita, con De Gregorio… Report, con l’analisi dei ministri del Governo Letta.
B con i suoi mal di pancia seguito, pedissequamente da innumerevoli mister linguetta. Emeriti mister “nessuno” messi li da un facoltoso anziano. E per questo legati a lui a doppio filo.
Ma non di questo voglio scrivere.
L’Italia inserita (per ora) nel G8 dovrebbe essere un paese modello, all’avanguardia, pronto a dare nel mondo esempio. Si, ok. Magari lo da, ma non quello di cui parlavo.
Parlavo del fatto che migliaia di immigrati vengono da noi sperando in un paese più equo, giusto e a misura di uomo e di famiglia.
Ma in realtà, di quanto siamo lontani da una realtà più equa e più giusta?
Forse così lontani che molti non riescono nemmeno ad immaginarla. A volte, investito dai problemi di una realtà pesante e fastidiosa come la nostra, faccio fatica anche io.
Ad esempio: Equità.
Cosa significa? Che tutti pagano uguale o che chi ha di più paga (commisurato all’oggetto del “pagare”) un po’ di più? Non parlo dei prodotti a supermercato (li c’è il fantomatico “Mercato” che detta i prezzi delle cose).
Parlo di tasse, sanzioni e (alcuni) servizi che nel privato sono GIA’ differenziati per fascie di reddito.
Il fatto di dire che tutti pagano uguale è come sdoganare differenze e classi.
Di fatto, ad un nulla tenente, che ha perso, il lavoro 100 € pesano molto di più che ad un ricco benestante che all’anno dichiara decine di migliaia di euro (volendo ammettere una dichiarazione onesta). E vale sia per alcuni servizi che per alcune sanzioni.
In questo senso, il pagamento colmerebbe il gap delle differenze.
E, a mio avviso, sarebbe più “uguale”.
Stimolato da un amico ho pensato: ma perché un disoccupato deve pagare i servizi come una persona con un buon reddito? Se uno non ha un’entrata, non ha più diritto a spostarsi con i mezzi pubblici? A fruire della possibilità di comunicare? Ad avere un tetto sopra la testa? A mangiare? A bere?
Oppure, come l’esempio di Report di ieri sera… Quando faccio una multa per eccesso di velocità in un centro abitato, cosa faccio, come Governo? Cosa punisco?
Come è logico, si punisce l’atto potenzialmente molto pericoloso ed il potenziale danno alla società. Il centro di una città non è “Le Mans” e non è un caso che un bambino o un passante attraversino la strada.
Ma quanto incide una multa di 100 € a un disoccupato rispetto a un benestante? Quanto sono quelli che “possono”, che insieme alla macchina si “comprano” anche la possibilità di fare quel cazzo che gli pare? Ricordo di un “Onorevole” che dagli schermi fini per un bel pezzo sugli scranni del parlamento e con la sua macchina sportiva inanellava infrazioni del codice stradale in rapida successione. Per poi dire “tanto pago!.
Credo nelle utopie? Non direi. Altri paesi già lo fanno. E se non tutto ciò che ho detto, sono su quella strada di innovazione sociale, verso la direzione di quegli obiettivi.
E si può fare meglio. Li un individuo che si piglia una multa,  fermato dagli agenti (in tempo reale) riceve una multa commisurata al suo reddito dichiarato. Di il peso della sanzione è commisurato al reddito del sanzionato, ma non per punire il fatto che sia ricco. Ma per togliere il vantaggio illecito di potersene fregare della legge (di cui, molto spesso da noi, lui è uno dei promotori).
Noi mettiamo l’IMU (che colpisce tutti, uguale) e poi la togliamo per mettere un’altra tassa che colpisce anche chi la casa di proprietà non ce l’ha.
Noi aumentiamo l’IVA.
Noi aumentiamo la benzina (i carburanti per trazione). E avendo impostato un sistema di lavoro basato anche sullo spostamento e non investendo sui mezzi di trasporto delle persone, bastoniamo il ceto più fragile.
Ed è così da quando ho memoria.
E, da quando ho memoria, vedo le cose buone fatte in questo paese, da singoli individui che quasi (molto spesso) si slegano dal contesto e vengono “cavalcati” da politici incapaci di fare quello per cui sono lautamente (giusto o sbagliato che sia, è così) pagati.
La nostra classe politica è triste, incapace, legata a idee vecchie (e non per l’età, ma per la cultura, scarsissima) e con uno sguardo sul futuro di una talpa finita sotto a un Tir.
E mentre noi ci perdiamo in cazzate di poco coraggio (sai mai, perdo la poltrona prima di avere il vitalizio… meglio essere di “basso profilo) o, in casi peggiori, di una incompetenza tale che in qualsiasi “azienda” votata al profitto si sarebbe defenestrati in tempo reale, il resto del mondo se ne va, relegandoci nel posto di “ultimi” e sfigati.
A me non frega nulla, se i politici si abbassano gli emolumenti e si tolgono i privilegi.
Sono nella stanza dei bottoni. Hanno GIURATO di servire lo stato ed il popolo ITALIANO. Per quanto siano atti formali e rituali di cui ci si dimentica in fretta, lo hanno fatto emagari pure con un atteggiamento fra il commosso e il rispettoso.
E non discuto nemmeno che non dovrebbero farsi i cazzi loro (interessi economici in primis), perché questo per una mente logica e normale, sarebbe fuori discussione, ma dovrebbero essere l’espressione di ciò che di meglio la società e la cultura Italiana esprime.
E’ una tristezza profonda pensare che, molto probabilmente, è così.
Dovrebbero essere quelli (se non proprio artefici) pronti a raccogliere le buone idee e le sfide e votati a migliorare la vita della gente che rappresentano.
Se non fossimo in una situazione crisi che fa si che lo stipendio di un Parlamentare (ma mica solo di loro, ci sono fior di manager statali o di magistrati o giudici che prendono tanto quanto) urla ingiustizia rispetto a quello della maggior parte della popolazione e facessero quello per cui sono li, non mi scandalizzerei così tanto.
Quello che mi urta il sistema nervoso e mi porta a pensare, 20 ore al giorno, di trovarmi un altro paese dove fare le mie cose e invecchiare è altro.
E’ la loro assoluta nullità realizzativa e innovativa. 
E’ la loro incapacità politica.
E’ l’assoluta mancanza di una visione del futuro.
Una immobilità mentale e operativa che molte volte è doppiamente colpevole: non solo perché c’è incapacità, ma anche (spesso) perché c’è dolo e interessi illegali privati (a volte pure certificato da sentenze!!!).
La crisi, alibi sotto cui nascondere la necessità di sacrifici per tutti (e non imposti SOLO ad una parte della popolazione), poteva essere una meravigliosa occasione per provare ad aprire le finestre e cambiare radicalmente in senso equo uno stato che dopo le grandi guerre non ha saputo ancora trovare una direzione “moderna”, davvero equa, sostenibile e socialmente attenta.
Dove cambiare la cultura di tutti gli italiani, liberandosi da schizzi di razzisti e intolleranza, da comportamenti imperniati su una falsa furbizia e malcostume, basata solo sul profitto e sulla realizzazione a scapito del prossimo. Forse si sarebbe potuto mettere davvero su un angolo la malavita organizzata, dando risposte reali a chi a bisogno e non demandando chi è sul territorio (e a volte, appunto, anche chi lo fa ma è al di fuori della legalità).
E non è utopia. E’ coraggio, senso del futuro e della realtà.

In questo senso mi sarà veramente difficile votare.
Del meno peggio mi sono davvero rotto i coglioni.

sabato 31 agosto 2013

.. guerra e altre cosette...


1864. I soldati dell’Unione Americana (le famose Giacche Blu o “lunghi coltelli”) attesero pazientemente che i guerrieri Cheyenne andassero a caccia e lasciassero sguarnito il loro villaggio. Rimasero solo vecchi, donne e bambini.
Furono massacrati.
Poi fu la volta dei guerrieri: con pochi vecchi fucili (venduti dai commercianti bianchi senza scrupoli in cambio di oro) frecce, lance e tomahawk (di pietra e legno) e inferiori di numero poterono poco o nulla contro le colt, i winchester (con modelli sempre migliori), gli Henry 44/40 (lunga gittata) o gli Harper (fucili da bisonti, potentissimi da corta distanza) e infine le innovative Gatling (antesignane delle moderne mitragliatrici cicliche a più canne). Chi non morì si piegò a vivere come un emarginato in ristrette e poco ospitali “Riserve” (sostantivo di dubbia e varia interpretazione).
Poi si impossessarono dei loro territori. E delle loro risorse.
E, ieri come oggi, quando attraversano nuovi territori con la loro apocalisse, lì vi si stabiliscono e non vanno più via. Prima militarmente e poi con il potere economico.

Mi pare che, 150 anni dopo, la giovane politica Americana, modello per i poteri mondiali, non sia cambiata. Non è più nel territorio degli Americani. Non è nemmeno nel territorio Europeo. Ora è nel territorio Arabo.
Ci sono armi differenti, più efficaci. Eserciti più potenti.
Direte che non sono solo loro? Vero. Il modello c’era prima di loro e lo usano anche altri, che magari non si ergono a difensori mondiali della libertà (la loro) e della democrazia (…???).
Ma la sostanza, sempre ed in fondo, è fatta di interesse economico e potere, due mostri con una fame insaziabile.  Ma non di Nazioni, ma di persone. Quelle nella stanza dei bottoni.
E il modus operandi oggi è la guerra, demone da tutti ripudiato, a cui ci rivolgiamo con una facilità impressionante.  Perché come per la Chiesa, il vero problema non è la verità ma il potere.
Guerra di “liberazione degli oppressi” e per la “democrazia”, guerra “preventiva”, guerra “in difesa della pace”, “guerra preventiva”. (E magari fra i militari sono certo che più di qualche fesso, che in ignoranza e buona fede, ci crede). Tutti ossimori. La guerra è guerra. E’ morte. E’ disperazione. E’ dolore. E’ per sempre per chi la subisce. Ma è anche guadagno per chi la ipotizza e la architetta. E anche per chi la fa, molto spesso. Quando una guerra finisce, basta guardare i conti in banca, quello cresciuto di più è il conto di chi l’ha voluta, la guerra.

Non faccio demagogia. Non difendo un dittatore o l’altro. Non difendo la violenza. Non difendo chi ha pensato di chiudere l’energia di atomi in una bomba. O chi usa gas letali (e chi li ha pensati, voluti, inventati, pagati e creati) o armi all’uranio arricchito.
Non difendo chi fabbrica queste armi. Né chi le vende. Né chi le compra. Quindi, tantomeno chi le usa.
Dico solo che NON VOGLIO LA GUERRA.

Sia una scusa (per quanto motivata) o un pretesto (per quanto oggettivo e primo di “fatti” antecedenti o scatenanti) o una “bandiera” (come oggi quella della libertà e della pace, così lacerata e lordata dalle cose che copre e nasconde) ieri come oggi sono sempre usati come motivi per attuare, sempre con lo stesso stile, la conquista. Senza ma e senza se. E magari con  Premio Nobel per la Pace in attivo…
E le altre “pulci” del vecchio mondo “civilizzato”, che si adeguino. O stiano in parte.

Ma non condivido nemmeno le mire di conquista Russe, che cerca uno sbocco nel mediterraneo e che continua a mal sopportare le basi americane in Polonia ed in Turchia.
Mi sembra, più o meno, come un adolescente con una mostruosa e mai risolta crisi di inferiorità verso il fratellone, più giovane, ma più grosso.
E quindi, via, a star dietro ai modelli stelle e strisce invece di ricostruire una nazione su principi nuovi, forti di una storia di millenni. Inseguiamo il modello Americano, magari spinti dalla Cina, e cominciamo a giocare con gli interessi. Come l’America, che fra un Hamburgher e una Coca, mastica nazioni e vite. Stessi modelli (armi e potere economico) e metodi simili (dove si riesce, guerra), ma, a volte, con l’errore di mantenere la segretezza, nascondendo.
Mentre i più scafati coinquilini a stelle e strisce, nascondono mostrando. Come si fa in una moderna cultura della comunicazione di massa controllata. E magari contro dittatori e  terroristi figli di un tubo catodico e reali quanto Fonzie.

Non condivido l’effimero strapotere economico della “famiglia” araba in cerca di un nuovo ordine, dove lo stato fastidioso di Israele non trova spazio. E dove un certo “islamismo” comincia a dare fastidio. E anche se in questa partita, temo, che gli USA “giochino” con i piedi in due staffe. 

E nemmeno di un’Europa, moderna e sciocchina come Sancho Panza, fedele al fianco del potente ma così presa da discutere di ciò che assicura un certo benessere a banche e potere, da non curarsi troppo di cosa fa “l’American Guy”.
In che momento e con che accordo i “potenti” mondiali hanno deciso che l’America dominerà il mondo? Che sia di nuovo una questione di soldi, ergo di potere?

Che Bashad al-Assad sia un dittatore?
Forse. Anche se in un paese dove convivevano pacificamente religioni ed etnie differenti faccio fatica a pensarlo.
Perché non lasciare ai Siriani la bega di decidere e scegliere se starci o meno? Il popolo Siriano è accogliente, tollerante. Fondato su una cultura che ha fatto la storia del mondo.
Sono propenso a trovarmi d’accordo con il ragionamento espresso da Mentana in un post su FB che riporto per concetti:
Assad non è un politico (nel senso tradizionale, di stirpe o studi) è un oftalmologo. Un medico degli occhi. Ha fatto politica per i casi della vita (morte di suo padre e di suo fratello).
Magari non è scafato come un Mitterand o un Bresnief o un Kissinger.
Ma usare SARIN (il Sarin lo fanno i Russi e gli Americani, anche con componenti chimiche fatte in Italia) per gasare dei bambini e delle donne è una puttanata così marchiana che nemmeno qualche nostro “abile” uomo politico avrebbe saputo fare di meglio. E noi abbiamo dei campioni MONDIALI in questo campo.

Nulla mi toglie dalla testa che sia solo un pretesto. Una causa scatenante.
L’esecuzione di un bel ritratto. Il ritratto del male.
Come Saddam Hussein o Bin Laden o Arafat o Gheddafi o Mubarak.   
Perché quando dai un volto al male, consegni alla gente e all’opinione pubblica un “obiettivo”. E questo ti giustifica, crea una motivazione, di da una sorta di delega di mandato implicito, ti fabbrica degli alibi e permette, in una imperante e distorta logica, atti di una nefandezza difficilmente pensabile.
Ti permette di fare i tuoi interessi, sporchi o puliti (… quando ???) che siano. Ti permette di fare guerre. Di uccidere. Ma anche di governare e rubare. Perché no?
Dove c’è una comunicazione distorta com’è possibile capire dov’è il limite fra l’azione plausibile, giusta e meritevole (fermo restando che la guerra tout court non lo è MAI) e l’atto disonesto e criminale, dipinto (e mascherato) di giustizia, legalità e “giusta motivazione”?

Insomma non condivido la Guerra. Quella di oggi meno di quella di ieri.
Almeno ieri avevamo delle scuse: non evoluti, trogloditi, spinti da istinti bestiali.
Oggi? Non le voglio elencare. Penso mi farebbero più paura delle prime.

Non serve un attacco alieno o un meteorite.
Siamo noi a creare i nostri demoni. E solo noi, uno per uno, possiamo ucciderli.
Magari con un bel “no”. NON VOGLIO LA GUERRA.