martedì 3 febbraio 2015

La balena bianca.


E’ in assoluto il cetaceo più grande e imponente della natura tartassata di questo pianeta. 
Qualcuno lo dava per estinto. Ma non è così. Il gigantesco e imponente capodoglio descritto anche da Melville esiste. Non si fa vedere. Naviga sotto la superficie.
Viaggia lento, non più di 4 o 5 chilometri all’ora. Ma è inarrestabile, imponente, inattaccabile.
E spazza via tonnellate di plancton e di piccoli molluschi e pesci in maniera ineludibile, come la lingua di un ghiacciaio macina, senza distinzione, le rocce sotto di se.

Siamo nell’era di Mister Renzi. Che, se fino a ieri molti consideravano poco più di uno showman prestato alla politica, oggi mostra la scuola da cui è nato e da un segnale chiaro di ciò che è capace. Spavaldo.

Prima, nella regia, supposta e non provata, dei 101. Capaci di trafiggere Prodi, che ormai sembra uno scolapasta da quante ne ha prese. E se regia c’è stata, è stata in immersione. Condito dalla solita farsa del voto segreto, bypassata da trucchetti da quinta elementare e da repubblica delle banane. Comunque l’obiettivo di dare il colpo di grazia a Bersani, che già da solo molto aveva fatto, è alfine raggiunto.

Poi, sempre in immersione prepara il terreno, forte dell’appoggio di chi ha appoggiato, sapendo che il momento in cui fare il salto arriverà. E arriva.
Prima vaporizza Letta, sparito. Poi schianta Cuperlo (… Cuperlo, chi?) dando uno schiaffo al suo maestro.  E per volere degli “Dei”, non certo del popolo pecora, si insedia per “salvare la patria”.

Capisce che il Suo vero “nemico”, che vero nemico non è, è chi, battuto solo dalla magistratura, in quest’italiotta paciarotta e populista, per vent’anni ha dominato la bocca e i pensieri di tanti. 
Non dico tutti, solo per farmi un regalo, fiducioso, di un’Italia che raramente si mostra e che non ha coraggio, schiacciata dai più, ma che forse c’è.

L’amico nemico Silvio, al Nazzareno, impallinato dalle procure (lui, davvero comunque, ce l’ha messa tutta) e ancora sotto tiro, è quello da tenere sotto controllo. E come meglio si può tenere sotto controllo un “avversario”. Ovvio. Avvicinandosi e vedendolo. Accordandosi. (L'Arte della Guerra, Sun Tzu)

In questa posizione si circonda di un gruppo di fedelissimi. E un manipolo di ininfluenti. E li comincia a prendere posizione. A scavarsi quel ruolo che lo vedrà per un po’, credo inopinatamente, sugli scudi.

Lui sa quale sia il potere che in Italia regna, sovrano, dal dopoguerra ad oggi. Imperturbabile, magari sotto il livello dell’acqua, ma sempre in lento movimento. Trasversale. 
L’"italiano medio", al dilà della recente gretta, anche se a volte verosimile, lettura di Marcello Macchia in arte Capatonda, ama stare nel mezzo. E un “moderato”, cattolico, poco propenso alla condivisione e alle piazzate, portato alla delega delle responsabilità e attratto dal potere. 
E dalla gnocca, direbbe EsseB, ma fuori dalla famiglia.
Quella che una volta si faceva forza dello scudo crociato, quella del “potere che logora chi non ce l’ha”: la balena bianca. 
Tutti la danno per spacciata, dopo le “guerre” di manipulite, che poi si sono solo sciacquate. Anche Di Pietro lo aveva capito. Un potere che non si batte. Un potere da combattere dentro. Salvo poi farsi attecchire e farsi corrompere, e finire macinato dagli ingranaggi dello stesso potere che aveva cercato di combattere o come gli ultimi 10 esuli M5S, che hanno fatto loro la lezione.

Ma torniamo al nostro Achab, molto più comunicativo e alla moda. Ma non meno imperativo negli ordini.
Sa. Figlio di un Democristiano, ex scout, eroe della Ruota della Fortuna, partecipa e per cinque volte vince, è stato uno dei tre chierichetti di De Mita. Sa cos’è la Balena Bianca.

E sa che in Italia per “restare” in un certo sistema, devi stare dentro a certi poteri. Entrare in certe stanze.
L’elezione del presidente Mattarella, che di certo non è nuovo e innovativo, è un colpo che leggo politicamente magistrale.  Perché un Mattarella, membro del Consiglio Superiore della Magistratura, che dal 2008, anno della una sua ultima comunicazione pubblica, non ha esternato, non ha picconato, non ha detto nulla?

In un colpo solo, si accredita nelle stanze giuste; dice al suo compagno di merende al Nazzareno, collaboriamo, ma fai quello che dico io; mette a tacere e in riga le frange ribelli, si fa per dire, del PD e rimette al suo posto il suo vero detrattore, che navigando sottocoperta, era davvero il più pericoloso.
E tutto in un sol colpo. Senza ma e senza se. Detta il nome. E grandi elettori, Partito e agenzie, scrivono. Punto. Senza curarsi del latrare arrabbiato di qualche populista che non vede più in la del suo naso o del suo “tombino di ghisa”, insieme, magari a nuovi “piccoli re” che male non gli fanno.

Forte di un appoggio da questo "potere trasversale" che fino a ieri ha voluto il Cavaliere in pole e al quale, immediatamente, regala un paio di “presenti” per riportarlo in quella che sarà la sua posizione, immagino di senatore a vita. 
D’altra parte sia nonno Silvio che zio Matteo, fanno parte dello stesso club, esclusivo, che non si fa votare alle elezioni, pur partecipando attivamente.

C’è un ma? Forse. Anche Renzi sa che ci sono anche altri poteri. E la danza del nostro primo ballerino è sul piano inclinato delle multinazionali e dei grandi gruppi bancari mondiali. E deve stare attento a non scivolare, dove è facile farlo.
Il guaio, temo, è che per noi, che fra servi della gleba, volgo petulante e schiavi asserviti guadagneremo poco o niente dal suo regno. Salvo franare con lui, se e quando cadrà.
Ma ce lo meritiamo. Li non l’abbiamo messo. Ma da li, non lo abbiamo tolto. 

martedì 13 gennaio 2015

K'an, l'abisso.





Eventi di questi ultimi mesi mi hanno scosso dentro.
Sono riusciti a portare onde nell’abisso, K’an, in un mare profondo. Il più profondo in me. 

Ho un po’ perso il passo. Inciampato, caduto malamente, mi sono rialzato.
Ora provo dolori in punti che non immaginavo, in profondità di me che credevo protette.

Ogni tanto nel silenzio della mio divano nella mia mente nascono alcune domande.
Si può aver paura di provare emozioni? Non per le emozioni in se, intendo. Ma per quello che ti fanno. In un certo senso ti tolgono la prima pelle. Quella corazza che ti difende da chi, insensibile o forse solo troppo incasinato sulle sue storie, non si accorge della tua fragilità. E “muovendosi” in maniera maldestra e poco accorta di fa male.
Probabilmente si. La paura è una sentimento, uno dei più forti. Uno di quelli che ti lascia nudo di fronte a te stesso, senza alibi. Ed in questo è utile, se non è dominante. Perché da li chi la considera come una utile compagna, riparte. Dalla parte più vera e genuina di se.
Ed il bello è che non impari mai. Che la ricerca è un viaggio. E’ la vita. Dove il tuo continuo mutare può farti andare su e giù come uno jo-jo. Ma ogni volta che vai giù e torni su, sei diverso, e a volte, migliore.

Si può vivere senza provare emozioni? No, se parliamo di vita vera. Rifiutandole non si vive. Si vegeta. E quindi ogni tanto si soffre? Si. A volte fa male. A volte un po’ di più. Ma sempre si rimpiange quella sensazione che si ha, quando il tuo io percepisce che il male sta finendo. E che torni a non soffrire.
Paradossalmente si può anche vivere come macchine, mettendo le emozioni in un cassetto. Alle volte è necessario. O almeno così si crede. Fino a che le emozioni non escono, come un gatto da un sacco, a volte nemmeno così dolcemente.

Poi capita una bella serata, amici che non vedevi da un po’ e alcune di quelle cose che avevi dimenticato tornano a galla come bolle di gas. Magari aiutate da qualche birra.

Sono ancora vivo e sono ancora qui.
Un po’ malandato e zoppicante.
Ma è ora di rimettersi in sesto. 
I'm back.