Che significa essere primo?
A volte è una soddisfazione.
Essere il primo in una lunga fila davanti ad uno sportello.
Ancora meglio essere il primo su una competizione sportiva.
Gloria e onore.
Magari qualche soldo.
O primi nello studio.
Primi nel lavoro. Successo. I tuoi “15
minuti” di ribalta.
O primo, senza volerlo, capostipite di una generazione
familiare.
Oppure, leader, scelto o cresciuto, di un gruppo.
La leadership, intesa come “comando”:
dico io cosa si fa…
trovo le soluzioni.
Prima di decidere, informatemi.
Senza di me non si decide nulla.
Il comando è una cosa che da alla testa.
Anche essere allenatore di un gruppo. Sei quello che sceglie.
E da li a credersi onnipotenti, ne manca davvero poco.
Perdere il senso della realtà è un attimo.
Basta dimenticarsi la domanda "per chi scelgo?".
Ma anche riuscendo a non caderci e quindi, riuscendo a
mantenere un equilibrio sano con quello che fai, restando sempre al servizio di
chi ti crede “comandante”, la vera battaglia è quella di non essere soli.
Già.
Anche se circondato da gente.
Anche se tempestato di
telefonate.
Anche se uomo apprezzato e cercato da donne (o viceversa).
Soli, con le tue preoccupazioni, che nessuno vuole, perché da
te vogliono soluzioni…
Soli, con le tue paure, a cui nessuno crede. Tu? Ma non è
possibile…
Quasi sempre cercato per quello che dai e non per quello che
sei.
E quando non dai più?
Apriti cielo. Questo diventa una colpa intollerabile per i "secondi".
Tanto da bandirti dal regno. E fare di te un piccolo reietto.
Mio nonno diceva: Si nasce da soli. Si muore da soli.
Allora, fermo e seduto, pensi:
chi mi ha dato senza chiedere?
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