giovedì 31 maggio 2012

La legge dei primi


Che significa essere primo?
A volte è una soddisfazione.
Essere il primo in una lunga fila davanti ad uno sportello.
Ancora meglio essere il primo su una competizione sportiva. 
Gloria e onore. 
Magari qualche soldo.
O primi nello studio. 
Primi nel lavoro. Successo. I tuoi “15 minuti” di ribalta.
O primo, senza volerlo, capostipite di una generazione familiare.
Oppure, leader, scelto o cresciuto, di un gruppo. 

La leadership, intesa come “comando”: 
dico io cosa si fa… trovo le soluzioni. 
Prima di decidere, informatemi. 
Senza di me non si decide nulla. 

Il comando è una cosa che da alla testa.
Anche essere allenatore di un gruppo. Sei quello che sceglie. 
E da li a credersi onnipotenti, ne manca davvero poco.
Perdere il senso della realtà è un attimo.
Basta dimenticarsi la domanda "per chi scelgo?".

Ma anche riuscendo a non caderci e quindi, riuscendo a mantenere un equilibrio sano con quello che fai, restando sempre al servizio di chi ti crede “comandante”, la vera battaglia è quella di non essere soli. 

Già.
Anche se circondato da gente. 
Anche se tempestato di telefonate. 
Anche se uomo apprezzato e cercato da donne (o viceversa).

Soli, con le tue preoccupazioni, che nessuno vuole, perché da te vogliono soluzioni…
Soli, con le tue paure, a cui nessuno crede. Tu? Ma non è possibile…
Quasi sempre cercato per quello che dai e non per quello che sei.

E quando non dai più?
Apriti cielo. Questo diventa una colpa intollerabile per i "secondi". 
Tanto da bandirti dal regno. E fare di te un piccolo reietto.

Mio nonno diceva: Si nasce da soli. Si muore da soli.

Allora, fermo e seduto, pensi:
chi mi ha dato senza chiedere?

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