E’ in assoluto il cetaceo più grande e imponente della natura tartassata di questo pianeta.
Qualcuno lo dava per estinto. Ma non è così. Il gigantesco
e imponente capodoglio descritto anche da Melville esiste. Non si fa vedere.
Naviga sotto la superficie.
Viaggia lento, non più di 4 o 5 chilometri all’ora. Ma è
inarrestabile, imponente, inattaccabile.
E spazza via tonnellate di plancton e di piccoli molluschi e
pesci in maniera ineludibile, come la lingua di un ghiacciaio macina, senza
distinzione, le rocce sotto di se.
Siamo nell’era di Mister Renzi. Che, se fino a ieri molti
consideravano poco più di uno showman prestato alla politica, oggi mostra la
scuola da cui è nato e da un segnale chiaro di ciò che è capace. Spavaldo.
Prima, nella regia, supposta e non provata, dei 101. Capaci
di trafiggere Prodi, che ormai sembra uno scolapasta da quante ne ha prese. E
se regia c’è stata, è stata in immersione. Condito dalla solita farsa del voto
segreto, bypassata da trucchetti da quinta elementare e da repubblica delle
banane. Comunque l’obiettivo di dare il colpo di grazia a Bersani, che già da
solo molto aveva fatto, è alfine raggiunto.
Poi, sempre in immersione prepara il terreno, forte
dell’appoggio di chi ha appoggiato, sapendo che il momento in cui fare il salto
arriverà. E arriva.
Prima vaporizza Letta, sparito. Poi schianta Cuperlo (…
Cuperlo, chi?) dando uno schiaffo al suo maestro. E per volere degli “Dei”, non certo del popolo pecora, si
insedia per “salvare la patria”.
Capisce che il Suo vero “nemico”, che vero nemico non è, è
chi, battuto solo dalla magistratura, in quest’italiotta paciarotta e populista, per vent’anni ha dominato la bocca e i pensieri di tanti.
Non dico tutti, solo per
farmi un regalo, fiducioso, di un’Italia che raramente si mostra e che non ha coraggio,
schiacciata dai più, ma che forse c’è.
L’amico nemico Silvio, al Nazzareno, impallinato dalle
procure (lui, davvero comunque, ce l’ha messa tutta) e ancora sotto tiro, è
quello da tenere sotto controllo. E come meglio si può tenere sotto controllo
un “avversario”. Ovvio. Avvicinandosi e vedendolo. Accordandosi. (L'Arte della Guerra, Sun Tzu)
In questa posizione si circonda di un gruppo di fedelissimi.
E un manipolo di ininfluenti. E li comincia a prendere posizione. A scavarsi
quel ruolo che lo vedrà per un po’, credo inopinatamente, sugli scudi.
Lui sa quale sia il potere che in Italia regna, sovrano, dal
dopoguerra ad oggi. Imperturbabile, magari sotto il livello dell’acqua, ma
sempre in lento movimento. Trasversale.
L’"italiano medio", al dilà della recente
gretta, anche se a volte verosimile, lettura di Marcello Macchia in arte
Capatonda, ama stare nel mezzo. E un “moderato”, cattolico, poco propenso alla
condivisione e alle piazzate, portato alla delega delle responsabilità e
attratto dal potere.
E dalla gnocca, direbbe EsseB, ma fuori dalla famiglia.
Quella che una volta si faceva forza dello scudo crociato,
quella del “potere che logora chi non ce l’ha”: la balena bianca.
Tutti la
danno per spacciata, dopo le “guerre” di manipulite, che poi si sono solo
sciacquate. Anche Di Pietro lo aveva capito. Un potere che non
si batte. Un potere da combattere dentro. Salvo poi farsi attecchire e farsi
corrompere, e finire macinato dagli ingranaggi dello stesso potere che aveva cercato di combattere o come gli ultimi 10 esuli M5S, che hanno fatto loro la lezione.
Ma torniamo al nostro Achab, molto più comunicativo e alla
moda. Ma non meno imperativo negli ordini.
Sa. Figlio di un Democristiano, ex scout, eroe della Ruota
della Fortuna, partecipa e per cinque volte vince, è stato uno dei tre
chierichetti di De Mita. Sa cos’è la Balena Bianca.
E sa che in Italia per “restare” in un certo sistema, devi
stare dentro a certi poteri. Entrare in certe stanze.
L’elezione del presidente Mattarella, che di certo non è
nuovo e innovativo, è un colpo che leggo politicamente magistrale. Perché un Mattarella, membro del
Consiglio Superiore della Magistratura, che dal 2008, anno della una sua ultima
comunicazione pubblica, non ha esternato, non ha picconato, non ha detto nulla?
In un colpo solo, si accredita nelle stanze giuste; dice al
suo compagno di merende al Nazzareno, collaboriamo, ma fai quello che dico io;
mette a tacere e in riga le frange ribelli, si fa per dire, del PD e rimette al
suo posto il suo vero detrattore, che navigando sottocoperta, era davvero il
più pericoloso.
E tutto in un sol colpo. Senza ma e senza se. Detta il nome.
E grandi elettori, Partito e agenzie, scrivono. Punto. Senza curarsi del
latrare arrabbiato di qualche populista che non vede più in la del suo naso o
del suo “tombino di ghisa”, insieme, magari a nuovi “piccoli re” che male non
gli fanno.
Forte di un appoggio da questo "potere trasversale" che fino a ieri ha voluto il
Cavaliere in pole e al quale, immediatamente, regala un paio di “presenti” per
riportarlo in quella che sarà la sua posizione, immagino di senatore a vita.
D’altra parte sia nonno Silvio
che zio Matteo, fanno parte dello stesso club, esclusivo, che non si fa votare
alle elezioni, pur partecipando attivamente.
C’è un ma? Forse. Anche Renzi sa che ci sono anche altri poteri. E la danza del
nostro primo ballerino è sul piano inclinato delle multinazionali e dei grandi
gruppi bancari mondiali. E deve stare attento a non scivolare, dove è facile
farlo.
Il guaio, temo, è che per noi, che fra servi della gleba,
volgo petulante e schiavi asserviti guadagneremo poco o niente dal suo regno.
Salvo franare con lui, se e quando cadrà.
Ma ce lo meritiamo. Li non l’abbiamo messo. Ma da li, non lo
abbiamo tolto.